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L’inedito
Alla ricerca dell’airone rosso
(inedito)
che sia o che non sia o che il dubbio
non sia arrivato
al nodo suo ultimo
e si decida che sì o no 
ma se esisto risuoni qui con furore e fermezza
con fragore
in questo vivo sussulto
del mio esistere su soglie nuove/sempre nuove 
Qui ha bussato qualcuno
e la strada era già aperta e pura,
inviolata e senza ritorno
Essere al transito e non cogliere l’istante
se sia o non sia
o che arrivi opportuno il tendersi
di ogni sussulto 
Sulla soglia ho teso il passo
e vibrato piano il colpo della mia decisione
Era la tenda solitaria nel deserto
era il corridoio lungo di un ospedale 
e se andare o non andare
non era in discutere 
Piuttosto cosa avrei trovato
sciolto o da sciogliere
o il nodo di me con altri
e il dubbio che trascorre mia vita 
Era il porto che attendevo
dopo il pericolo più volte volto
e in mio vantaggio e
contro me/me ignaro di cosa fare
frammento disperso di ricordi ed esperienze? 
O la prova intensa
che sia intendere o no
aperto sulla soglia muta
del decidere. Qui flutti piccoli 
e ininterrotti hanno scavato caverne
e il varco, se esiste, trascolora
al buio: non consente 
di essere colto/Laguna tranquilla
e riparata dai frangenti
che sommerge e scopre tomboli secolari 
e detriti infiniti e indizi sconcertanti/
Laguna ostile
Laguna penetrata e inaccessibile
che ci sia o non ci sia
abile navigatore. Nauta e gubernator
ha saputo di questo corridoio che squarcia 
e unisce
se viene, quando viene, il nome che risolve 
o la frase fertile che segna il solco
che dipana il labirinto o addolcisce le curve/
scioglie meandri 
Qui il fiume ha abbandonato di sé
un braccio morto
eppure la vita pullula e respira 
se una bolla sia o non sia
indizio di una vita/se un breve volo
a fior d’acqua sia pur sempre una traccia
quando il fanciullo cattura
la lucentezza meridiana delle squame 
e rompe per tutta l’eternità
dei tempi e delle iterazioni
l’andare quieto e sommerso 
e lì
in lontananza relitti affiorano
della storia
che ci appartengono e forse no 
di rotte spezzate/quando
una porta è solo un cardine cigolante o un battente
immobile/se il tempo
si fermi o si lasci andare oltre il braccio morto
di sé
e l’ansa relitta da eventi 
o terrae motus o folgore di inondazione totale.
Se dimenticare o no che
esiste una parte morta di me, che muore ancora
e ancora vive, dunque
tendendo il limen
in intervalli di buio e luce 
Se varcare la soglia dolorosa
che libera il dolore
e il silenzio trattenuto e raccolto.
Se dire
o piuttosto coglierla sulle labbra
di una straniero alter ego
la parola che sfugge
e taglia il meandro del fiume
e lo costringe a lasciar dietro
un braccio morto di sé 
se l’oblio sommerge o sbiadisce talora
Se sia speculare/specchiato
o forse osservato da vicinanze/lontananze
non immaginate
questo mio scivolare sull’acqua 
Se la foce sia dietro la curva
o -molto più semplice e rigoroso-
se ci sia o non sia
o l’andare sia perpetuo e insensato. 
Qui sulla breve isola fangosa
posa
l’airone rosso, ultimo sopravvissuto
di gens altera e intelligente,
progenie estrema di una sibilla muta 
se sia silenzio la parola
che non dice e non risolve
o sia ambigua o dolorosa 
o sia insomma muta
come tutto ciò che nasce e non ha itinerario
come ogni fuscello abbandonato sulla riva 
e ignaro di una rotta possibile.
Se mai un fiume che non ha foce
possa avere viscere o sorgente
e sia radice profonda e confitta
entro l’humus che mia vita racchiude 
Se consenta un confine solido
l’abbracciare con uno sguardo 
e solo così separare ciò che è noto
e l’inconoscibile che opprime in lontananza
se sia lecito possedere un passo sicuro
un incedere mortale e consapevole 
se sia lecito
considerare tutto ciò un privilegio 
Qui da affluenti vigorosi e giovani
si affaccia la morte e il segno
del divenire/acqua e terra
e insieme il tutto e poi il caos 
se questa corsia in cui consumo
l’ordine estremo di me non sia il caos
codificato e trattenuto
e in qualche misura -dunque- leggibile 
Se davvero sia un relitto ciò che resta
o piuttosto la parte vera o ciò che sa resistere 
uno scheletro di carena infilzato
a pelo d’acqua 
Se sia forse l’unico possibile navigare
l’essere isola di sé
sopravvivere al naufragio
o al sussulto vivo di eventi
che qui trascorrono e attraversano
e seminano e figliano
un progetto oscuro di fecondità
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