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Berlino 2004
BERLINO E DRESDA TRA MEMORIA E FUTURO

Egle ed io lavoravamo da tempo a questo progetto. Innamorati come siamo del Grande Nord, spesso avevamo attraversato la Germania, di fatto trascurandola. La voglia di conoscere la grande Berlino, e di visitare quel monumento vivo al dolore e all’orrore per la guerra che è Dresda, quest’anno si è fatta sentire così acutamente che, nella prima decade di agosto, ci siamo messi per strada. Berlino e Dresda, appunto, le mete. 2500 kilometri, e cinque amici.Con noi sono partiti Fernando e Bertilla, assieme al loro ragazzo, Giovanni.

Grazie anche alla loro simpatia e disponibilità, alla loro carica umana, alla loro voglia di godere insieme di questa occasione di conoscenza, il viaggio si è rivelato straordinario, ricco di sensazioni e fertile di emozioni. Un viaggio vissuto con fantasia: sull’itinerario preparato con cura da Egle e Bertilla, si è innestata una robusta dose di improvvisazione, di scelte fatte di istinto. Insomma il giusto mix per vivere un viaggio come una perenne sorpresa e una continua scoperta anche da parte di viaggiatori esperti della Vecchia Europa quali Egle ed io ormai ci riteniamo.

Un viaggio sospeso tra passato e memoria da lasciare al futuro. Se devo scegliere due immagini per sintetizzare: il monumento alla memoria che sta nascendo a Berlino e la Frauenkirche a Dresda.

A unire idealmente queste due realtà così diverse un nota di colore, intanto. Il forte contrasto tra bianco e nero. E poi il segno che qui la guerra è ferita ancora aperta e sanguinante. Il monumento alla memoria, per ricordare gli stermini della Germania nazista, è tuttora in costruzione. Una serie di monoliti neri, di diverse altezze. Credo che, nel pensiero di chi l’ha progettato, alla fine debba diventare una sorta di enorme altare dilatato e spezzettato, quasi invocazione e preghiera a non ripetere l’orrore. Alzando gli occhi vediamo la porta di Brandeburgo, proprio a due passi da qui. E sull’asfalto, a pochi metri, il segno bianco che ci ricorda che lì passava il muro che frantumava fino a pochi anni fa una città e ne sfregiava l’identità. Proviamo un’emozione forte, cerchiamo di immaginare questa cittadella della memoria una volta compiuta.

E la Frauenkirche a Dresda. Qui, tutta una serie di pannelli, ci ricorda a quale moncherino annerito fosse ridotta questa chiesa dopo il bombardamento che il 13 febbraio 1945 rase al suolo quasi tutta la città e che provocò un numero di vittime che non è mai stato possibile determinare (ma certamente superiore di gran lunga alle 50mila unità). Il regime comunista aveva lasciato la chiesa nelle condizioni cui l’aveva ridotta il bombardamento: si voleva (e la scelta appare in qualche modo condivisibile) che quel rudere di chiesa continuasse a urlare e proclamare la barbarie che l’aveva portata alla distruzione. Con l’unificazione delle due Germanie, si è operata una scelta diversa (anche questa condivisibile, visti gli straordinari risultati): si è deciso, affidandosi alla elaborazione di un computer, di ricostruire la chiesa. Recuperando tutto quello che era possibile recuperare. La chiesa (una campana di pietra, come è stata definita) oggi acceca col fulgore bianco dei suoi marmi e delle sue pietre. Ma spiccano, in quel bianco, i tasselli neri del materiale recuperato dalla distruzione e ricollocato esattamente nel posto in cui si trovava prima del bombardamento. Il risultato è straordinario, straziante, commovente. Ogni ora è possibile entrare nella chiesa che è ancora un cantiere aperto, cadenzato dalle scalpellate dei lapicidi che copiano perfino le scanalature dell’antica chiesa. Si è accolti nella cripta dove viene illustrata (purtroppo solo in tedesco) la storia della chiesa e del suo recupero.

WEIMAR

I due camper si mettono in movimento molto presto, sabato 31 luglio 2004. Solita veloce attraversata del Brennero e dell’Austria (con il consueto capestro della tassa autostradale da esporre in vetrofania) e poi lungo la E 45, costeggiando Monaco. Abbiamo una prima meta, Weimar, nella Turingia, il cuore della Germania. Prendiamo la A 9 per Berlino e, dopo l’uscita 25, imbocchiamo la A 4 per Francoforte che lasciamo dopo 44 chilometri (uscita 49).

Weimar vide la nascita del primo ordinamento democratico della Germania, all’indomani della prima guerra mondiale. Capitale anche della cultura. Qui nel 1919 Walter Gropius diede inizio all’utopia del Bauhaus, mito del design e dell’architettura. Questa è la città di Goethe e Schiller, del filosofo Herder e del poeta Wieland.

Weimar possiede una straordinaria grazia, un clima di tranquilla vita provinciale unito alla consapevolezza di essere capitale culturale. Piange il cuore al pensiero che, proprio, nelle ore in cui stendo queste note, sta bruciando la sua irripetibile biblioteca con danni irreversibili al patrimonio librario dell’intera umanità.

Weimar gravita attorno al Markt, la piazza con la fontana del Nettuno e dominata dal Rathaus (il Municipio cioè) col suo orologio a carillon. In mezzo alla piazza un vetturino striglia il suo cavallo. Qui intorno è un brulicare di ristorantini, caffè e trattorie che sono, con il loro discreto occhieggiare sulla via, un invito a godere della pace di questa cittadina.

Sull’altro lato del Markt, la bellissima fabbrica rinascimentale del Lucas-Cranach-Haus. Da visitare lo Stadtschloss, il castello dei granduchi di Sassonia-Weimar: il fortilizio ospita il museo con documenti della pittura tedesca medievale e rinascimentale (Lucas Cranach il Vecchio e Lucas Cranach il Giovane). Da segnalare la Bauhaus-Universität che ospita l’istituto superiore di architettura e la Schillerhaus, la casa che il grande Schiller acquistò nel 1802 per 4200 talleri, indebitandosi fino al collo e in cui visse fino alla morte. Obbligatoria la passeggiata fino alla Theaterplatz con il Deutsches Nationaltheater e, al centro, il monumento a Goethe e Schiller. Su uno dei lati sorge il Bauhaus-Museum.

Per la notte troviamo un comodissimo parcheggio appena entrati in città, sulla sinistra, vicino al cimitero.

BERLINO

Berlino ci accoglie in una calda domenica di agosto (è anche una prima domenica del mese per cui la prima meta è il mercatino delle pulci che si tiene proprio in questo giorno). Il primo tentativo di trovare un campeggio si rivela un fallimento. In effetti, seguendo le indicazioni, capitiamo in un camping nella zona del Wannsee: il luogo è isolato, con stradine strettissime e assolutamente non collegato al centro da mezzi pubblici. Rinunciamo e ci dirigiamo verso la città. Parcheggiamo provvisoriamente vicino al castello di Charlottenburg, in Spandauer Damm, proprio in faccia al museo egizio. E cominciamo a girare questa città dalle larghe e animatissime vie. Ci incamminiamo lungo la Otto Suhr Allee e prendiamo il metrò nella Richard-Wagner Platz: Il biglietto per i mezzi pubblici valido per 24 ore costa € 5, 60: ci si mette un po’ a capire il sistema di trasferimenti a Berlino, perché esso risulta dall’integrazione di tram, autobus, metrò di superficie e metrò sotterranei. Ma tutto funziona alla perfezione e, girare la città, dopo un po’, diventa perfettamente agevole. Conviene fare base alla stazione del Giardino Zoologico (Zoologischer Garten) che apre tutte le possibilità (…anche quella di cominciare a muoversi a piedi: qui si affacciano tutte le grandi arterie di questa parte della città: la Hardenberg Strasse, la Budaperster Strasse, la Kurfürstendamm -o Ku’damm, come la chiamano qui familiarmente, infine la Tauentzienstrasse).

Per gli spuntini di mezzogiorno non ci sono diete che tengano: per noi diventano irrinunciabili i momenti passati a mangiare wurstel e polpette nei chioschi che sorgono ovunque, assieme ad un boccale di birra. Indimenticabili i chioschi di Sclossplatz, a due passi dal Berliner Dom e dallo Sclossbrücke, il ponte sulla Sprea, proprio ai bordi di un piccolo Luna Park.

La linea S 1 ci porta alla stazione di Unter den Linden, proprio alla porta di Brandeburgo. La piazza è immensa, animatissima. Artisti di strada, ambulanti, suonatori. In una botteguccia troviamo una serie di cartoline che ritraggono la Berlino bombardata. Il massimo del contrasto mi pare uno di quei figuranti che, vestito di bianco, finge di essere una statua e si muove un poco quando gli tirano una moneta. L’immobilità della statua, la solennità della porta, il formicolare della gente. Percorriamo il Tiergarten, il grande parco che è il cuore di Berlino. Qui tutti gli spazi sono occupati da famiglie intente al picnic domenicale, da ragazzi che giocano. Berlino ci pare una capitale con i ritmi e gli spazi di una tranquilla città di provincia. Situazioni del genere sono rarissime. Percorriamo la dritta e ampia Strasse des 17 Juni, l’antico viale della Vittoria lungo il quale Hitler faceva marciare le sue armate. Passa una coppia molto anziana e penso che, loro, Hitler lo hanno visto, hanno visto le sue parate, in domeniche calde, dolci e solatie come questa. Chissà che ricordo ne hanno. L’attuale riferimento al 17 giugno ricorda la rivolta operaia di Berlino del 1953.

Vediamo il Sowjetisches Ehrenmal, il monumento dedicato ai caduti sovietici dell’ultima guerra: il materiale con cui è stato eretto proviene dalla distrutta cancelleria di Hitler e da due carri armati russi entrati in Berlino il 21 aprile 1945.

In fondo, la Siegessäule, la colonna della Vittoria. Eretta nel 1873, si trovava un tempo davanti al Reichstag; poi è stata smontata e portata qui nel 1939. Ancora la Strasse des 17 Juni ed ecco il mercatino delle pulci. Forse 150 espositori: si può trovare di tutto (io trovo per pochi euro un macinino da caffè in ottone per la mia collezione), ma agli occhi balzano le numerose bancarelle stracolme di reperti dell’epoca sovietica.

Ci riavviamo al camper. Ma prima di risalirvi realizziamo subito uno dei nostri obiettivi: la visita al museo egizio. A catturare l’attenzione e le emozioni è soprattutto il bellissimo volto di Nefertiti, inquietante, forse il più bel ritratto di donna che io abbia mai visto. La bellissima moglie di Amenofi IV, vissuta 15 secoli prima di Cristo, ha sul volto il mistero e l’enigma eterno della femminilità. Torno più volte nella sala dove Nefertiti guarda il mondo da una dimensione senza tempo. Difficile sottrarsi al suo fascino. Eppure qui non mancano reperti di assoluta straordinarietà: il ritratto di Echenaton, la camera funeraria di Amenhotep, soprattutto la maestosa porta del tempio di Kalabasha. E poi la raccolta di papiri.

Nel nostro vagabondare per Berlino ci siamo preoccupati di assumere informazioni su una sistemazione in campeggio. Lo troviamo nella zona di Kladow. È il buon campeggio DCC Camping Kladow, in direzione di Potsdam. Ha buoni collegamenti con il centro: autobus 234 fino ad Alt Kladow, poi X 34 fino allo Zoologischer Garten dove si prende la metropolitana per tutte le direzioni.

Noi cominciamo la nostra visita vera e propria a Berlino che è città immensa e con una enorme offerta culturale. Suggerisco le nostre tappe, consapevole, come sempre, che sono scelte settoriali e minima parte di quello che si può vedere. In una città come Berlino non ci si ferma mai abbastanza. Noi abbiamo iniziato, come si è visto, scegliendo come le circostanze ci hanno dettato. Poi, di giorno in giorno, abbiamo cercato di costruire il nostro itinerario muovendoci al mattino da dove eravamo arrivati la sera precedente.

La U2 ci porta in Potsdamer Platz, dove comincia la nostra visita alla città nuova. Costruzioni avveniristiche, cristallo e metallo rilucente; su tutto una mongolfiera che consente di librarsi e di guardare dall’alto questo quartiere tutto nuovo (ma la porta di Brandeburgo è davvero a due passi e il muro correva proprio qui vicino). Laghetti e giochi d’acqua, passeggiate al coperto tra grandi magazzini e ristoranti di ogni tipo, il teatro e il casinò, nomi che evocano un passato più o meno recente come quello dello scrittore Theodor Fontane (una lapide ricorda come egli abbia vissuto qui per trent’anni, fino alla sua morte avvenuta nel 1898) o dell’attrice Marlene Dietrich (che ha una piazza a lei intitolata). Il centro pare essere la Sony Platz con la sua cupola di cristallo che sfida l’impossibile e che ospita manifestazioni culturali e concerti praticamente in continuazione. Le pareti di cristallo sono in perenne movimento per il gioco di luci che obbedisce ad una precisa regia scenografica. Un megaschermo rimanda in continuo le immagini più diverse.

Qui vicino c’è il museo delle comunicazioni (in Leipizigher Strasse) e la Philharmonie (in Potsdamer Platz), autentico monumento alla musica con il Museo degli strumenti musicali. Un’occhiata anche alla St. Matthäus-Kirche, che, con le sue tre navate, era la chiesa dei diplomatici un tempo risiedenti in questo quartiere.

L’area attorno alla chiesa di san Matteo ospita il nucleo duro della grande cultura berlinese. La biblioteca (con i suoi 8 milioni di volumi tra le più grandi di Europa), la Neue Gemälde-Galerie (con le 8 tavole dell’altare di Wurzacher, grandiosa celebrazione dell’arte tedesca tra XIII e XVI secolo, e dipinti di Giotto, Mantegna, Botticelli: è qui la Madonna in trono con bambino), la Neue Nationalgalerie (un parallelepipedo di acciaio e vetro preannunciato dalle sculture di Henry Moore e Alexander Calder, che documenta l’arte europea del Novecento).

Lasciamo la città nuova e ci incamminiamo verso la porta di Brandeburgo, in un caldo pomeriggio di sole (a dire il vero un po’ tormentati dalle api che qui regnano ovunque). In pochi minuti siamo davanti all’edificio neoclassico del Reichstag che dal 19 aprile 1999 è tornato ad essere sede del parlamento tedesco. Con qualche emozione ci fermiamo sulla piastrella del pavimento stradale che ci ricorda che lì passava il muro e, noi, uomini della compagnia, scegliamo di distenderci sull’erba del grande parco antistante, mentre Bertilla ed Egle si mettono in fila per visitare il Reichstag. Misure di sicurezza massima a base di ispezioni e metal detector. Le foto che le nostre mogli ci portano indietro dimostrano che valeva la pena di assoggettarvisi. L’avveniristica struttura interna del Reichstag e il panorama che si gode dal tetto giustificano la coda.

Ritorniamo sulla Unter den Linden che rivela la ricchezza della storia tedesca e berlinese ad ogni scorcio. Fino a prima della guerra era la più bella strada di Berlino, tracciata nel 1647 da Federico Guglielmo di Hohenzollern e amplificata e resa maestosa da Federico II. I tigli che si vedono ai bordi sono un pallido ricordo di quelli, secolari, fatti abbattere da Hitler per dare maggior risalto e impatto visivo alle sue parate. Adesso ci muoviamo in direzione del Berliner Dom.

In rapida successione ecco la cattedrale cattolica, la chiesa di santa Hedwigs che richiama un po’ il Pantheon romano, col suo originale organo verticale; la Alte Bibliothek e la zona dell’università (in questi tempi tutta un cantiere); la Friedrichswerdersche Kirche, opera di Schinkel e trasformata in museo che documenta proprio la vita e l’opera del grande architetto; il teatro dell’Opera, il Deutsche Staatsoper; lo Zeughaus, l’arsenale della città finito nel 1705 (il restauro è sempre opera di Shinkel) e che oggi ospita il Deutsches Historiches Museum; infine la Neue Wache.

La Neue Wache è documento significativo del gusto classicista che ha permeato tutta la Germania e Berlino in particolare tra Sette ed Ottocento. Si tratta della prima realizzazione del grande Karl Friedrich Schinkel, un architetto che proprio a Berlino ha firmato edifici importantissimi per la storia e la cultura della città. La Neue Wache ha una storia complicata: è stata usata perfino come prigione ed oggi è monumento ai caduti in guerra. Ospita, nella sua desolata ed efficacissima nudità, una pietà, opera di Käthe Kollwitz che campeggia in mezzo all’area interna e prende luce da un’unica apertura sul soffitto.

Ed ecco il Berliner Dom (l’ingresso con possibilità di accedere alla cupola è a pagamento: € 5), la chiesa reale degli Hohenzollern con le sue forme neobarocche. Accanto a lei si staglia la moderna antenna della TV di Berlino (la Fernsehturm). Il Dom è stato praticamente distrutto durante i bombardamenti dell’ultima guerra ed è stato riaperto solo nel 1993. Al suo fianco l’Altes Museum (altra opera dello Schinkel, anzi forse il documento più alto della sua architettura) con il suo maestoso colonnato. All’interno sono ospitati reperti di tutte le antiche civiltà mediterranee.

Chi, come noi, sceglie come base berlinese la stazione di Zoologischer Garten, non può fare a meno di alzare gli occhi e notare una torre campanaria ridotta ad un moncherino annerito dal fumo: si tratta di tutto ciò che rimane della Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche dopo il bombardamento del 22 novembre 1943. Qui è stata scartata l’idea di ricostruire e si è voluto lasciare allo stato di rovina questo monumento all’orrore bellico. Accanto è stata costruita una chiesa moderna a base ottagonale, suggestione indimenticabile per i visitatori, avvolti dalla luce blu filtrata dalle vetrate.

Un luogo di grande bellezza, sempre risalendo dalla Unter den Linden, è poi la centralissima Gendarmenmarkt, un tempo considerata la piazza più scenograficamente suggestiva di Berlino, la piazza dalle due chiese gemelle. Si tratta di due edifici neoclassici, il Deutscher Dom e il Französischer Dom (la chiesa destinata agli Ugonotti, che in Brandeburgo trovarono rifugio dalle persecuzioni cui furono sottoposti: la chiesa ospita anche un museo della cultura ugonotta). In mezzo alle due chiese un teatro, lo Schauspielhaus, opera dello Schinkel.

Assolutamente imperdibile a Berlino, è il Pergamon Museum, che si raggiunge (venendo dal Berliner Dom e da Alexanderplatz) seguendo il corso della Sprea su cui si affacciano tanti palazzi neobarocchi. Il Pergamon Museum trae il suo nome dal fatto di ospitare la ricostruzione in grandezza naturale dell’altare di Pergamo, capolavoro assoluto dell’arte ellenistica, risalente alla prima metà del II secolo avanti Cristo. Solo il fregio è originale, però: l’opera ha avuto vicissitudini varie. Nel 1945 fu portata perfino in Unione Sovietica, requisita dai generali dell’Armata Rossa. Solo nel ’58 fu parzialmente restituita. Ad entrare nella enorme sala che ospita la scalinata, il sentimento è duplice, contrastante anzi. Grandi stupore ed ammirazione davanti a tanta bellezza, ma, di contro, amara riflessione su come la cultura museale europea si basi soprattutto su enormi furti come questi. Percezione acuita anche quando si visita il resto del museo che ha un patrimonio immenso e propone anche la porta del mercato di Mileto e soprattutto la porta di Isthar e la Strada delle Processioni: era la via che percorreva chi entrava in Babilonia, con le sue piastrelle smaltate e i suoi fregi, dai colori vivissimi ancor oggi. Una suggestione irripetibile.

 

Per lo shopping, irrinunciabile è una visita al KaDeWe su più piani (e ristoranti all’ultimo) dove si trova praticamente di tutto. Per chi ama la birra vi è una possibilità di scelta illimitata. Il KaDeWe sorge in Tautzienstrasse, sempre vicino al Zoologischer Garten.

Nei dintorni di Berlino, visita obbligatoria a Potsdam, la Versailles tedesca. Ovunque vi sono possibilità di tranquillo parcheggio. Si comincia dal Babelsberg Park, con le sue palazzine e i suoi giardini, da cui si dominano le tranquille acque dell’Havel e del Tiefer See. Sullo sfondo il Glienicker Brücke, famoso come “ponte delle spie”, immortalato in tanti film. In realtà qui è avvenuto un solo scambio tra due spie, una del blocco sovietico, l’altra del blocco occidentale.

Poi il Park Sanssouci, voluto da Federico II nel 1770 e realizzato dall’architetto Knobelsdorff su una superficie di 270 ettari.

DRESDA

Sulla strada per Dresda facciamo sosta nella graziosa cittadina di Lübbenau, capitale dei Sorabi, una popolazione di origine slava qui stanziatasi nel secolo VI. C’è un castello del secolo XVII e un minuscolo imbarcadero, immerso nel verde, da cui si possono effettuare gite in barca. Ottimo il parcheggio vicino al campo sportivo.

A Dresda, per parcheggiare, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Noi approdiamo ad uno dei parcheggi in Weisseritzstrasse, vicino ad una moderna moschea. Il centro è a due passi. Dresda è il simbolo della stupidità dell’uomo e di quanto orrore debba incutere comunque la guerra. Questa città, tesoro e gioiello, scrigno di ogni possibile bellezza artistica e architettonica, è stata rasa al suolo dalle bombe alleate. La Frauenkirche, come dicevo all’inizio, ne è il tragico emblema. Ci accoglie la visione della Semperoper, il teatro dell’opera e simbolo della città, con la sua facciata concava e i due ordini di arcate. La prima meta è lo Zwinger, pensato dapprima come fortezza e poi divenuto una vasta piazza a giardino, tra padiglioni, terrazze e gallerie.

Lo Zwinger accoglie molti spazi diversi. Da segnalare il museo delle porcellane (Porzellansammlung) e la pinacoteca di arte antica (Gemäldegalerie Alte Meister). Per tutti i musei si può fare un biglietto cumulativo che costa 10 €. La pinacoteca è imperdibile, una galleria d’arte degna di una grandissima capitale europea. Restano negli occhi le sale con le vedute di Dresda dipinte dal Canaletto. Come si sa, con questo soprannome è conosciuto il veneziano Gian Antonio Canal, ma, a Dresda e nelle aree germaniche, era noto con lo stesso soprannome di Canaletto, Bernardo Bellotto che qui operò a più riprese dal 1747. Le sue vedute sono un capolavoro di precisione e di suggestione. Ma la Pinacoteca possiede anche opere di Mantegna, Botticelli, Tiziano, Tintoretto, Giorgione, Andrea del Sarto, Pinturicchio, Guido Reni. Si trovano qui la Madonna Sistina di Raffaello e il Martirio di san Sebastiano di Antonello da Messina. Ma tutta l’arte europea vi è documentata in modo eccezionale. Dal centro della piazza lo sguardo è attratto dalla Zwingergalerie con la grande corona polacca sostenuta da quattro aquile.

Il cuore della città è la Theaterplatz, con la statua equestre di re Giovanni, un innamorato dell’Italia, tanto da tradurre di persona la Commedia dantesca. La Kreutzkirche reca il segno delle cinque ricostruzioni cui è stata sottoposta nella sua tormentata storia. Poi lo Schloss, destinato a diventare sede museale stabile e la Hofkirche con i suoi ampi spazi e la torre dell’orologio alta 80 metri. Qui vicino anche la Neumarkt, la piazza che reca ancora evidenti le ferite della guerra con la Frauenkirche su un lato.

Anche a Dresda mangiamo in uno dei soliti chioschi. Attraversiamo l’Augustus Brücke, uno dei maestosi e lunghi ponti che collegano le due parti della città al di qua e al di là dell’Elba, e non c’è che l’imbarazzo della scelta. Nel pomeriggio, visita ai parchi al di là dell’Elba e in particolare al Palazzo Giapponese, così chiamato perché questo palazzo barocco, destinato ad ospitare la raccolta di porcellane di Federico Augusto I, ha un inconfondibile tetto a forma concava. Il giardino che si trova sul retro è il punto da cui Canaletto ritrasse Dresda nelle sue vedute. Naturalmente non manca un Belvedere Canaletto. Alla sera ci spostiamo fuori Dresda e troviamo posto nel Campeggio Dresden-Mockritz (località Boderitz). È una serata triste e gioiosa insieme. Facciamo un po’ di festa perché Bertilla, Fernando e Giovanni devono tornare il giorno dopo.

Noi, il giorno successivo, torniamo a Dresda, dove passeggiamo per la parte nuova, al di là dell’Elba. Alt Markt, poi Albert-Platz seguendo la Hauptstrasse con il suo verde e suoi giochi d’acqua.

La prossima meta è Meissen, sulla statale 6 e risalendo il corso dell’Elba. Il fiume scorre placido e tranquillo in un’ampia vallata verde, tra dolci colline. Eppure quando entriamo in Meissen, sulle case notiamo il segno che indica il livello che l’acqua ha raggiunto durante la rovinosa e terribile alluvione di appena due anni fa. Parcheggiamo negli ampi spazi lungo il fiume (qui passeremo anche la notte in un paesaggio tranquillo e di grande suggestione).

Meissen è sinonimo di porcellana. Tutto iniziò il 29 marzo 1709, quando un alchimista, Johann Friedrich Böttger, comunicò a Federico Augusto II di essere entrato in possesso del segreto della porcellana cinese. Il principe elettore intuì la potenzialità di questa rivelazione e fece di Meissen (ben servita da un fiume ma anche ben protetta dal suo fortilizio) la capitale europea della porcellana: un binomio rimasto indissolubile per secoli. Il Porzellansammlung di Dresda lo documenta benissimo.

Il centro di Meissen è la piazza, il Markt, dove si trova anche un ufficio di informazioni che fornisce una mappa-guida in tutte le lingue. Qui visitiamo la gotica Frauenkirche e poi saliamo la ripida scalinata che porta al romanico Dom. Dalle terrazze, in cima alla collina, si gode di un magnifico paesaggio sulla vallata. La visita alla città vecchia rivela scorci molto graziosi e tranquilli.

È ora di prendere la via di casa. Sulla strada del ritorno facciamo tappa a Ratisbona, la tedesca Rgensburg. Ratisbona è città di grande cultura. È stata centro di importanti rotte commerciali, su un Danubio ormai diventato fiume di grande portata con le immissioni del Naab e del Regen: autentica porta in direzione Sud: Vienna e, oltre le Alpi, Venezia. Troviamo parcheggio vicino alla stazione. Combiniamo col custode di fermarci il pomeriggio e tutta la notte per 5 euro. Subito ci mettiamo in cammino, attraversiamo il parco e ci troviamo in centro. Un ufficio informazioni ci fornisce ricchi e esaurienti stampati. Immancabile la visita al Dom St. Peter. La facciata è sottoposta a restauro ma se ne intuisce la maestosa bellezza gotica. L’interno, con le sue tre navate, è a sua volta imponente e la luce che entra dalle vetrate dipinte aumenta la suggestione.

Vicino sorge la Alte Kapelle. Risale ai tempi di Carlo Magno e ha avuto varie trasformazioni fino ad approdare allo squisito e ricchissimo barocco con cui si presenta ora. È sabato e il programma ci dice che alla messa del giorno dopo ci sarà concerto con coro e voce solista. Sarà davvero così, di ottimo livello. Passiamo la serata passeggiando nella parte vecchia della città: l’Altes Rathaus con il suo portale in stile gotico fiorito; il monastero di St. Emmeram (il santo vescovo qui martirizzato nel 652) fonte, nel secolo IX, di bellissimi codici miniati.

Ma la serata ci deve ancora rivelare i suoi momenti più suggestivi. Camminiamo nella città vecchia tra caffè e birrerie. Ad un tavolino, inquietante, siede un manichino.

Attraverso la porta Pretoria (che ci ricorda le origini romane della città: ai tempi dell’imperatore Marco Aurelio, nel 179, qui, a Regina Castra, fu insediata l’unica legione romana a nord delle Alpi) arriviamo in riva al Danubio. L’intera città pare essersi riversata qui. Picnic a base di barbecue e grigliate varie un po’ ovunque. Le rive sono tutto un brulicare di famigliole intente a passare così la serata del sabato. Si respira un clima di grande pace.

Il giorno dopo, prima di imboccare definitivamente la strada del ritorno, ci tuffiamo tra le colline che circondano Ratisbona per visitare il Walhalla. La sua macchia bianca si vede da distante. È un tempio di stile neoclassico dall’ampio colonnato e dalla lunga scalinata che scende verso valle. Qui il Danubio offre uno spettacolo grandioso. Il Walhalla è, nella mitologia celtica, il paradiso degli eroi, ma il tempio è diventato un monumento ai grandi tedeschi: ospita 121 busti e 64 targhe commemorative.

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